giovedì 27 dicembre 2012

una vita, tante strade

Non penso di essere l'unico a fantasticare su come sarebbe stata la propria vita, se avessi scelto strade diverse, avessi fatto lavori diversi, addirittura in città o paesi diversi. Forse è una curiosità innata dell'indole umana, o una ricerca della migliore vita possibile, che ci porta a chiederci se abbiamo fatto le scelte più giuste per noi, ma tant'è... rimangono al massimo delle bislacche fantasie, spesso improbabili, di cui non avremo mai conferma.

Una vita è troppo poca, è una sola chiave di lettura di una realtà incomprensibile appieno, unica chiave di un mazzo pieno zeppo di possibili alternative e interpretazioni, scelte e destini.
Mi trovo spesso a fantasticare su come sarebbe una vita da star del cinema, o come sarebbe stato attraversare gli USA con un pulmino dipinto insieme a una manciata di hyppies fattoni, o appartenere a un corpo militare segretissimo tipo MIB e trattare con alieni dai colori più sgargianti, o essere un atleta professionista che si gioca il tutto per tutto  alle olimpiadi.

C'è un'età in cui il tempo sembra infinito e le possibilità illimitate, ci sentiamo in grado di fare qualsiasi cosa e aver tempo di trovare la strada migliore. Più passa il tempo e più ci si scontra con delle scelte, piccole e grandi, che inevitabilmente ti incanalano in percorsi guidati, escludendone centinaia di altri.
Piu il percorso si delinea sul nostro tabellone e più ci accorgiamo che il tempo non è illimitato, per fare certe cose non ne abbiamo più, per altre non avremmo avuto mai il tempo o le capacità sufficienti. Ci accorgiamo, pian piano, di essere umani, mortali, fallibili e difettosi, e spesso nemmeno troppo saggi nelle scelte.

Alcuni dicono che la vita che ognuno di noi vive è il risultato delle migliori scelte possibili, ma mi sembra più un voler a tutti i costi far passare per buone delle situazioni che non lo sembrano affatto.
In fin dei conti però, questo timore che ci prende quando dobbiamo fare una scelta che esclude delle opzioni deriva forse proprio da questo. Perdere, escludere opportunità che a nostro parere non si riproporranno più. La paura, e spesso la certezza, di non poter vivere tutte le situazioni possibili.
Si avvicina il capodanno e per molti, me compreso, l'ansia di cosa fare e come farlo a capodanno ne è un altro esempio. Cosa fare? dove andare? con chi? sarà il capodanno migliore che possa passare? l'aspettativa ci crea insoddisfazione, ci squalifica qualsiasi opportunità e la riduce a un ripiego rispetto al capodanno spazionautico che non ci spareremo nemmeno quest'anno.

Nel lavoro stesso meccanismo. Starò facendo il lavoro che mi piace di più? nella situazione migliore? potrei trovare un ambiente migliore? e come sarebbe se facessi il falegname? e se mi stufo? vorrei cambiare, ma se non riesco? potrò tornare indietro?

Certo, tutte domande lecite, e altrettanto lecito è pensare che forse il miglior lavoro possibile è quello che abbiamo scelto, se lo abbiamo scelto. A volte nemmeno ciò che crediamo di aver scelto è stata una nostra reale a consapevole scelta, ma piuttosto una serie di circostanze che ci ha fatto credere di aver scientemente deciso qual'era l'opzione migliore per noi.

Siamo afflitti, spaventati, spiazzati, intimoriti, ma forse non dal cambiamento, dalla novità, quanto da ciò che abbandoniamo. Quando si dice "chi lascia la strada vecchia per la nuova, sa quello che lascia e non sa quello che trova". Si, è vero, se sapessimo che la nuova è meglio della vecchia, sarebbe più facile cambiarla, ma ne siamo sicuri davvero? secondo me no, quello che ci spaventa davvero è lasciare la vecchia... la conosciamo, ne sappiamo gestire pregi e difetti, ne abbiamo studiato ogni centimetro e in fin dei conti ce la facciamo stare bene cosi com'è, anche se magari ha qualche buca, qualche dosso e va un po a zig zag.

Tutto questi pensieri per dire cosa? sono partito perchè volevo raccontare di quando, stanco del mio lavoro di programmatore, ho cercato lavoro come falegname. Ovviamente cercavano tutti falegnami esperti, non esiste un falegname apprendista, come del resto in tutti gli altri lavori, dalle commesse agli ingegneri, dobbiamo essere tutti esperti da subito, altrimenti ci piazzano a fare fotocopie finchè diventiamo esperti (si, di fotocopie). Alla fine, tra tante idee e possibilità bislacche, ho comunque deciso di cambiare lavoro, sempre per programmare, ma in un campo totalmente nuovo, mi porto dietro solo la teoria e il metodo di lavoro. Tecnologie nuove, approcci nuovi, colleghi nuovi, strade nuove, progetti nuovi, atteggiamenti nuovi. Sarà come ricominciare dal principio, quando non sapevo se ce l'avrei fatta, dove sarei potuto arrivare e come, non sapevo nulla ma l'ardore di riuscire mi dava la benzina per tenere il gas a tavoletta e non alzare mai la testa dalla tastiera. E' stato un percorso lungo e pieno di dubbi, di mancamenti e di stati d'animo estremi e opposti, la mia vera crescita si è fermata quando ho raggiunto la consapevolezza che, nel mio attuale ambiente, non c'era più nulla che mi avrebbe potuto mettere realmente in difficoltà, gettandomi in quel panico in cui mi ritrovavo all'inizio, quando non sapevo nemmeno se esistessero soluzioni a determinati problemi con cui mi scontravo.
Ho sempre creduto che il mio lavoro fosse, e dovesse rimanere, un lavoro creativo, in cui il risultato fosse determinato in gran parte dalle idee e dalla creatività di chi lo fa. Allo stesso tempo è una sfida continua, un perenne mettersi in discussione, rimodellarsi e reinventarsi, perchè si sa, questo mondo cambia a velocità esponenziali e ondulatorie, per cui, forse questo più di altri lavori, è in grado di disarcionarti dalla sella proprio quando pensi di essere sulla cresta dell'onda.

Quando ti ritrovi ragazzini appena usciti dall'università che parlano di sigle e acronimi di cui tu, preso dalla routine produttiva di tutti i giorni, a stento hai letto qualcosa googlando, è ora che tiri una riga e fai la somma, e se non ci stai dentro alzi la testa, individui la porta, e cominci a correre come se ti stesse inseguendo la Morte in persona.
Sarà giusto o sbagliato? Mio padre mi ha insegnato una sacrosanta verità, ogni situazione ci lascia qualcosa di positivo e di negativo, ed è tale la quantità di variabili e di opportunità nascoste ad ogni piè sospinto che la domanda senza risposta diventa: sarà bene o sarà male? chissà, l'importante è non aver paura di provare, accettando dal principio l'idea di poter perdere...






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